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Il Neolitico nella Toscana nord-occidentale

Il Neolitico nella Toscana nord-occidentale / Neolithic in north-west Tuscany

Il Neolitico (o "nuova età della pietra"), ovvero il momento in cui si cominciarono a realizzare utensili in pietra levigata, è considerata la tappa più importante nell'evoluzione culturale, proprio perché indica il momento in cui le comunità umane iniziarono a produrre direttamente il cibo. La cosiddetta "rivoluzione neolitica", definizione con la quale viene sottolineata l'importanza di scoperte quali l'agricoltura e l'allevamento degli animali, si determinò infatti, già a partire da 10.000 anni fa, nell'area della cosiddetta Mezzaluna fertile. Quest'ampia area, dalla forma di una mezzaluna, spazia dal delta del Nilo e dalle rive del Mediterraneo Orientale fino alle valli racchiuse tra i grandi fiumi mesopotamici, il Tigri e l'Eufrate e comprende attualmente parte dei territori degli stati di Turchia, Iran, Iraq, Giordania, Siria, Libano, Palestina, Israele ed Egitto. Qui già dal precedente periodo Mesolitico erano stati fatti i primi tentativi di selezione delle specie vegetali. Proprio in quelle aree dove crescevano allo stato selvatico orzo, farro e frumento, lenticchie, fave i gruppi neolitici sperimentarono la semina e la riproduzione di questi cereali e legumi divenendo così gli artefici della nascita dell'agricoltura. Contemporaneamente, o forse anche prima rispetto gli inizi delle pratiche agricole, cominciarono a catturare gli animali più docili, quali pecore e capre selvatiche, per alimentarli e custodirli in spazi recintati nei quali potessero essere facilmente controllati, fino ad arrivare ad un vero e proprio addomesticamento che poi si estese ad altri animali quali maiali, bovini, cavalli. Alcuni gruppi umani, rimanendo nomadi o seminomadi, si dedicarono in seguito esclusivamente alla pastorizia sfruttando gli animali domestici anche per la produzione di prodotti secondari come il latte, il formaggio e la lana.
I primitivi agricoltori, invece, per poter sorvegliare i loro campi ed attendere il momento della raccolta, da "seminomadi" divennero "sedentari" e costruirono i primi villaggi stabili. In questo modo l'uomo del Neolitico riuscì ad avere a disposizione sicure riserve di cibo e lentamente la caccia divenne un'attività complementare all'agricoltura e all'allevamento degli animali. I complessi abitativi meglio conservati sono quelli di Catal Huyuk in Turchia, di Khirokitia nell'isola di Cipro e di Gerico nell'antica Palestina, tra i più antichi centri agricoli del mondo. Le abitazioni avevano forma circolare con basamento in pietra oppure erano costituite da piccoli edifici rettangolari, addossati gli uni agli altri. Vi erano anche ambienti con altari dedicati al culto e locali con grandi contenitori per la raccolta delle granaglie. Tutte queste strutture vennero comunque costruite con mattoni di argilla seccati al sole, mentre i muri interni ed i pavimenti vennero intonacati con spessi strati di argilla e dipinti in rosso.
Con la nascita dell'agricoltura dovette sorgere la necessità di realizzare contenitori per immagazzinare i prodotti agricoli: pur avendo certamente utilizzato il legno e la pelle (che non si sono conservati) i coltivatori neolitici sperimentarono la fabbricazione di recipienti in terracotta, o "ceramica", utilizzando l'argilla per modellare forme diverse di vasi per molteplici usi.
La sicura disponibilità di risorse alimentari portò ad un miglioramento delle condizioni di vita e ad un aumento della popolazione. Sorse quindi la necessità di espandersi verso nuove terre. La navigazione, anche se fu forse sperimentata in precedenza, dal Neolitico divenne una pratica diffusa e rappresentò una conquista fondamentale per gli scambi di prodotti e di materie prime e per i contatti culturali. I movimenti di popolazioni, su semplici imbarcazioni in legno lungo costa, permisero lo scambio di vari prodotti alimentari, alcuni molto ricercati come il sale, e di materie prime particolarmente utili come la "pietra verde", l'ossidiana e la steatite di cui abbiamo un'ampia documentazione di commercio in tutta l'area del Mediterraneo.
Questi scambi favorirono in primo luogo la trasmissione di forme e decorazioni della ceramica e di altri utensili ma anche di oggetti di culto, come le diffusissime statuette femminili ("dea madre") legate al culto della fertilità, la più significativa produzione artistica del Neolitico dell'area mediterranea. Divennero invece più rare le rappresentazioni artistiche rupestri che in questo periodo privilegiarono figure geometriche o astratte. Un esempio assai importante è dato dalle pitture rinvenute nella Grotta di Porto Badisco e nella Grotta Cosma in Puglia, dove sono state realizzate rappresentazioni schematiche di figure umane e di animali risalenti a circa 6.000 anni fa. Sulle rocce dei deserti africani si sono invece conservate bellissime rappresentazioni di animali e cacciatori neolitici in stile naturalistico.
Circa le pratiche di seppellimento, i ritrovamenti archeologici documentano che gli usi funerari nell'area mediorientale furono particolarmente complessi ed unici dal punto di vista del rituale religioso. Sappiamo, per esempio, che nell'abitato palestinese di Gerico,da 9.000 a 8.000 anni da oggi i crani dei defunti vennero seppelliti sotto il pavimento delle case dopo essere stati ricoperti di argilla per riprodurre i lineamenti del volto, pratica che fa ipotizzare un vero e proprio "culto degli antenati". In alcune aree iniziò anche la pratica della cremazione dei defunti, uso funerario che troverà però una piena diffusione solo a partire dall'età dei metalli. In generale, nel Neolitico i corpi dei defunti venivano seppelliti in posizione rannicchiata, in semplici fosse scavate nella terra, a volte vicine le une alle altre ("necropoli"), in prossimità o all'interno dell'abitato, con "corredi" costituiti da vasi con provviste alimentari, asce, oggetti ornamentali personali, amuleti in osso e conchiglia.
Nel Neolitico finale nelle regioni mediorientali si sperimentò l'uso del rame, il primo metallo ad essere utilizzato, sia allo stato grezzo, mediante "martellatura a freddo", sia attraverso la "fusione" di altri minerali che lo contenevano in piccole percentuali. Questa importante conquista tecnologica fu trasmessa però ai popoli occidentali solo più tardi, nel cosiddetto periodo Eneolitico.
A partire da circa 8.000 anni fa le pratiche dell'agricoltura e dell'allevamento, insieme alla produzione di recipienti in ceramica, vennero trasmesse dalle popolazioni dall'area mediorientale e nord-africana, attraverso il Mediterraneo, il Mar Egeo e le regioni balcaniche, a tutte le comunità europee più occidentali che, probabilmente, avevano già iniziato tentativi autonomi di produzione alimentare. Queste conquiste tecnologiche si diffusero quindi in Italia meridionale intorno ai 7.300 anni da oggi, sia per via marittima attraverso le Isole Tremiti, la Puglia, la Basilicata, la Sicilia e fino in Liguria lungo le coste del Tirreno, sia per via terrestre raggiungendo anche le aree settentrionali e centrali interne della penisola intorno ai 6.500 anni da oggi. Il Neolitico europeo ha assunto aspetti culturali particolari ed è stato suddiviso dagli archeologi in Neolitico Antico, Medio e Finale in base a differenze nella forma e nella decorazione dei vasi e degli strumenti ed utensili vari in pietra. A partire da circa 5.300 anni da oggi in Europa i dati archeologici mostrano i primi indizi della utilizzazione del rame segnando l'inizio della fase culturale detta Eneolitico o Età del Rame.

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In Italia gli esempi più interessanti di abitati neolitici si sono conservati nel meridione, soprattutto in Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia. Nell'area di Foggia, in particolare, sono stati rinvenuti diversi villaggi di capanne di forma rettangolare, costruite con il tetto di materiale vegetale, talvolta con pavimenti scavati nel terreno, ad una quota più bassa rispetto alla superficie, e foderati di pietre per impedire all'acqua di entrare all'interno. I villaggi erano circondati da ampi e profondi fossati di forma "a C", (sulla cui funzione si sa ancora molto poco), all'interno dei quali sono state a volte rinvenute anche delle sepolture singole. Tra gli altri villaggi neolitici italiani sono da ricordare quelli abruzzesi, nell'area del Fucino e nei pressi di Chieti, quello in riva al lago di Bracciano, nel Lazio, che ha restituito anche i resti di un'imbarcazione, nonché gli abitati padani dell'Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Friuli. In Liguria ed in Trentino molti insediamenti neolitici sono stati rinvenuti in grotta o in ripari sotto roccia, ma rappresentano delle eccezioni in quanto nel Neolitico le grotte vennero utilizzate ormai quasi esclusivamente per scopi di culto e funerari. In diversi insediamenti italiani sono stati rinvenuti anche silos scavati nel terreno per la conservazione delle riserve alimentari, forni per la cottura degli alimenti e delle ceramiche, muretti di pietre a secco che delimitavano i recinti per gli animali.
In Toscana non esistono dati archeologici certi riguardo alla forma delle capanne ed ai materiali usati per la loro costruzione; tuttavia alcuni frammenti di argilla con impronte di intreccio di canne fanno ipotizzare che, come in altre parti del mondo, le capanne neolitiche siano state costruite con pareti e tetto di materiale vegetale intonacati con l'argilla. Per quanto riguarda il Neolitico antico, in base all'abbondanza di vasi in ceramica, strumenti litici, macine o utensili per la tessitura in insediamenti quali l'Isola del Giglio, Cala Giovanna sull'isola di Pianosa e Pienza nel senese, possiamo presumere l'esistenza di villaggi di una certa importanza e continuità di abitazione. A Mileto presso Sesto Fiorentino sono state ritrovate grosse fosse di combustione utilizzate per la cottura dei vasi, indizio di una comunità neolitica stabile ed organizzata.
In Versilia non sono noti insediamenti neolitici per la fase più antica, le cui tracce sono state invece ritrovate nell'area costiera pisana, sulle dune di Coltano e Castagnolo. Qualche frammento di ceramica impressa è stato rinvenuto anche nel Riparo della Romita di Asciano pisano. Nella valle del Serchio recentemente sono stati invece scoperti due insediamenti riferibili alla cultura della "ceramica lineare", nelle località di Muraccio e di Piano di Cerreto, nel comune di Pieve Fosciana. Poichè si tratta di zone poco adatte all'agricoltura, probabilmente vennero scelte dai gruppi neolitici per le possibilità di sfruttamento di materie prime presenti nella zona, come la selce e la steatite.
Più documentata è la fase finale del Neolitico, sia nella Toscana interna che nell'area costiera; gli abitati che hanno restituito materiali più significativi e che documentano l'esistenza di relazioni commerciali a vasto raggio sono quelli dell'area di Sesto Fiorentino come Neto di Bolasse, Podere Casanova presso Pontedera, Grotta all'Onda presso Camaiore, Grotta del Leone ed il Riparo della Romita di Asciano Pisano.

Nel Neolitico vennero introdotte importanti innovazioni tecnologiche: la fabbricazione di strumenti in pietra levigata, l'uso del telaio e soprattutto la produzione di vasi in ceramica.
Si continuò a scheggiare la selce, ma si cominciò ad utilizzare una nuova tecnica che prevedeva la levigatura, tramite sabbia ed acqua, delle superfici di particolari tipi di pietre, dette "pietre verdi"; si ottenevano così strumenti che, inseriti in manici di legno ed osso, costituivano asce ed accette usate per il disboscamento. Inoltre in questo periodo iniziò lo sfruttamento dell'ossidiana, per ottenere strumenti particolarmente taglienti e resistenti. Strumenti lavorati in ossidiana sono stati ritrovati lungo tutta la penisola italiana, anche nelle zone più interne, segno di un intenso commercio di questo prezioso materiale tra le isole e la terraferma. Un altro materiale molto ricercato nel Neolitico fu la steatite, un tipo di pietra ben lavorabile.
L'introduzione del fuso e del telaio per la filatura e la tessitura delle fibre vegetali ed animali è testimoniata soprattutto dai ritrovamenti di utensili legati alle varie fasi di lavorazione, come fusaiole e pesi da telaio in terracotta, pettini da telaio, mentre le parti in legno di questi attrezzi non si sono conservate. Furono prodotti tessuti in lino, canapa e lana, che però negli scavi archeologici si sono conservati assai raramente e solo in particolari condizioni ambientali. In Italia abbiamo comunque la documentazione della coltivazione della pianta del lino nell'insediamento della Marmotta presso il lago di Bracciano, dove sono stati rinvenuti semi di lino domestico.
I recipienti in ceramica erano ottenuti con un impasto di argilla, acqua e sassi triturati o sabbia. Mentre l'uso del tornio si diffuse in Italia solo molto più tardi, nel I millennio a.C., durante il Neolitico i vasi erano modellati a mano con il metodo detto del "colombino", che consisteva nel sovrapporre tanti cordoni di argilla che poi venivano uniti e lisciati, fino ad ottenere la forma del vaso voluta. Una volta asciugati all'aria aperta, i vasi potevano ricevere vari trattamenti di lisciatura per rendere più omogenea la superficie esterna, dopodiché venivano cotti in semplici buche scavate nel terreno, rivestite di pietre, con combustibile di rami secchi.
In Italia, nella fase più antica del Neolitico, al Sud e lungo le aree costiere, si diffuse la "ceramica impressa" caratterizzata dall'uso di decorare i vasi prima della cottura, con impressioni fatte da unghiate e ditate, oppure praticate con i margini dentellati di conchiglie e con altri oggetti appuntiti. In Italia settentrionale si affermò invece la corrente culturale della "ceramica lineare", nella quale si hanno decorazioni ad incisioni e a solcature, con semplici motivi come linee, punti o tratteggi, effettuate prima della cottura. Nella fase culturale successiva, in Italia centro-meridionale si diffuse la "ceramica dipinta", la cui decorazione veniva eseguita con coloranti naturali dopo l'essiccazione del vaso e presentava motivi a fascia, a reticolo, a spirale ed a fiamma. In Italia settentrionale invece è testimoniata la cultura dei "vasi a bocca quadrata", così chiamata dalla caratteristica forma dell'imboccatura dei recipienti decorati con complessi motivi incisi. Nella fase finale del Neolitico in Italia meridionale è importante ricordare la cultura di Diana, caratterizzata da una ceramica fine, non decorata, con superfici color rosso corallo. Al Nord si diffuse la cultura Chassey-Lagozza (dall'area francese di Chassey e da quella di Lagozza in Lombardia) con vasi in ceramica nerastra, molto fine e lucida, con rare e semplici decorazioni graffite, praticate dopo la cottura del vaso. Motivi graffiti ben più ricchi e complessi caratterizzarono invece la Cultura di Ozieri in Sardegna.
In Toscana le fasi del Neolitico a "ceramica impressa", a "ceramica lineare" e di quella "dipinta" sono documentate solo dai ritrovamenti nell'area costiera delle province di Pisa e di Livorno, soprattutto nelle isole dell'arcipelago e, nelle aree più interne, in Garfagnana, nel Senese e nell'area di Sesto Fiorentino. Il Neolitico finale è documentato soprattutto nell'area nord-occidentale della Toscana, intorno a 5000 anni da oggi ed in particolare nelle grotte della zona di Asciano pisano ed in Alta Versilia a Grotta all'Onda presso Camaiore.

Con il Neolitico in tutto il bacino del Mediterraneo e nel Nord Europa si determinò un evidente riscaldamento climatico, soprattutto nell'intervallo di tempo tra 8.000 e 5.500 anni da oggi, con temperature superiori addirittura a quelle attuali ed una forte piovosità. Ciò determinò l'innalzamento del livello marino di 3-4 metri rispetto a quello odierno. Anche in tutta la fascia litoranea toscana la linea di costa fu quindi più arretrata verso l'interno rispetto a quella attuale, mentre nelle grotte la forte piovosità e l'alta temperatura determinarono il formarsi di spessi strati di stalagmite. Quest'ultimo fenomeno è stato rilevato infatti in quasi tutte le grotte italiane.
L'aumento della temperatura apportò notevoli cambiamenti nel paesaggio vegetale, che divenne caratterizzato da boschi a quercia, frassino, ontano, che si svilupparono in ambiente umido nelle pianure. In Toscana, nell'area costiera, si alternavano lidi sabbiosi a zone paludose o lacustri, mentre le montagne retrostanti la costa, fino alle quote più elevate, si ricoprirono di querceto misto in cui erano presenti il cerro, la roverella, l'acero, il castagno, il carpino, il nocciolo, il laburno e il viburno. Si diffuse anche il faggio mentre diminuì l'abete bianco, che si conservò solo alle medie e basse quote per tutto il Neolitico, scendendo anche in prossimità della costa. Al di sopra dei 1.500 metri di quota si svilupparono specie arboree o arbustive a copertura rada, che lasciarono scoperti i versanti.
A partire dal Neolitico l'intervento umano sull'ambiente divenne sempre più massiccio, dati i continui disboscamenti su vaste aree con l'intento di creare campi sempre più vasti per l'agricoltura e con incendi periodici provocati allo scopo di fertilizzare i terreni per renderli adatti a nuove coltivazioni.
La ricostruzione dell'ambiente del Neolitico della Toscana si avvale oggi di nuovi studi botanici effettuati sui carboni e sui pollini prelevati durante gli scavi archeologici relativi sia agli insediamenti costieri che a quelli dell'interno. Questi dati si aggiungono a quelli reperiti nello studio degli strati sommersi del Lago di Massaciuccoli ed anche a quelli rilevati da studi geologici nella fascia costiera tra Livorno e Grosseto. Dalle datazioni effettuate sui campioni di carboni e pollini sappiamo che tra i 5.500 e i 5.000 anni da oggi si verificò una nuova oscillazione fredda del clima che lentamente provocò un nuovo abbassamento del livello marino fino a riportarlo a quello attuale. Intorno ai 5.000 anni da oggi il paesaggio della Toscana acquisì quei caratteri che anche attualmente lo contraddistinguono.