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Il Mesolitico nella Toscana nord-occidentale

Il Mesolitico nella Toscana nord-occidentale / Mesolithic in north-west Tuscany

Il cambiamento climatico, che già a partire da 14.000 anni fa contraddistinse tutte l'area mediterranea ed il nord Europa, segna convenzionalmente il passaggio dal Pleistocene all'Olocene, ultima ed attuale fase climatica all'interno della quale sono comprese tutte le fasi culturali successive al Paleolitico. La classificazione delle culture del Mesolitico viene però riferita non a mutamenti climatici ma a precisi cambiamenti nella tecnologia di produzione degli utensili, i quali non sono avvenuti nello stesso momento in tutte le aree geografiche. Le datazioni che sono state ottenute per gli insediamenti archeologici del Mesolitico mediorientale sono infatti più antiche rispetto a quelle del Mesolitico europeo, proprio perché le conquiste culturali e tecnologiche sono avvenute in quelle aree in un periodo precedente. In Europa le culture del Mesolitico si sono sviluppate tra 10.000 e 7.000 anni da oggi.
Nel Mesolitico (o "media età della pietra") il graduale ma costante innalzamento della temperatura media annua, che già aveva portato alla forte riduzione delle calotte glaciali su gran parte dell'Europa settentrionale e dei rilievi alpini, causò importanti cambiamenti nelle abitudini di vita delle popolazioni umane in tutte le aree dell'Europa interna e del bacino del Mediterraneo.
Il passaggio dal nomadismo dei cacciatori paleolitici al definitivo sedentarismo, che caratterizzerà gran parte delle comunità di agricoltori del successivo periodo Neolitico, fu ovunque un fenomeno graduale e complesso. Le testimonianze archeologiche ne illustrano i differenti aspetti in varie zone del Vicino Oriente, dell'Africa e dell'Europa.
Nell'area del Medio Oriente i ritrovamenti, già nel Mesolitico, di falcetti per la mietitura e di macine per cereali sono in relazione alla raccolta di cereali selvatici, che solo in quelle aree crescevano spontaneamente. Per i gruppi umani di cacciatori-raccoglitori questa naturale disponibilità di preziose risorse alimentari creò l'opportunità di rimanere a lungo nelle zone ricche di vegetali da sfruttare, determinando la riduzione degli spostamenti ad ampio raggio ed una sempre più lunga frequentazione delle stesse aree nelle diverse stagioni.
Sempre in Medio Oriente si sperimentarono anche le prime strategie per l'allevamento di pecore e capre, tentativi che porteranno a pratiche vere e proprie di pastorizia. In diversi abitati mesolitici dell'area mediorientale e dell'Europa, i ritrovamenti di resti ossei di lupo e di sciacallo con caratteristiche diverse rispetto a quelle degli esemplari selvatici, dimostrano che questi animali furono i primi "cani" ad essere addomesticati dall'uomo, già a partire da 15.000 anni fa.
Un grande cambiamento si riscontra anche nella produzione artistica: scomparve l'arte di stile naturalistico che era stata tipica del Paleolitico e sia l'arte parietale che l'arte mobiliare vennero caratterizzate da uno stile geometrico. Nei siti archeologici del Mesolitico mediorientale, europeo ed italiano sono inoltre frequenti gli ornamenti personali e gli amuleti in osso, conchiglia, pietra.
Per quanto riguarda le sepolture non si hanno grandi cambiamenti rispetto al Paleolitico: il defunto veniva di solito sepolto in grotta, in una fossa scavata nel terreno, ed era spesso accompagnato da strumenti in pietra ed osso e da vari ornamenti. Sono famose le sepolture dei cacciatori mesolitici di Mondeval de Sora (Belluno) e di Mezzocorona (Trento), nelle quali i defunti furono ornati con ocra, deposti al riparo di grandi rocce e accompagnati da porzioni di animali come provviste alimentari e da ornamenti ed utensili in osso e selce. A partire da questo momento nel quale le comunità, costituite da gruppi sempre più numerosi, cominciarono ad abitare le stesse aree per lunghi periodi, si affermò l'usanza di scegliere un luogo specifico per più seppellimenti. A Grotta dell'Uzzo presso Trapani, in Sicilia, sono state ritrovate dieci sepolture, di adulti e bambini, le quali rappresentano uno dei complessi funerari mesolitici più importanti del Mediterraneo.
In Italia, durante il Mesolitico, in seguito alle migliorate condizioni climatiche, le aree di alta montagna, prima occupate dai ghiacci, si ricoprirono di specie vegetali precedentemente poste a quote più basse e si popolarono di animali tipici di ambienti freddi con scarsa vegetazione arborea, come lo stambecco ed il camoscio. In pianura e nelle zone pedemontane si espanse il bosco ed aumentarono notevolmente gli animali di ambiente forestale, come i cervi, i caprioli ed i cinghiali. I ritrovamenti archeologici e gli studi effettuati in varie regioni informano che l'occupazione umana delle alte quote, già iniziata durante la fase finale del Paleolitico superiore, raggiunse in questo periodo anche i 2000 metri. La strategia di sfruttamento stagionale di aree ecologiche diverse permise un migliore utilizzo delle risorse del territorio: durante l'inverno le comunità umane abitarono le zone di fondovalle, mentre durante l'estate sfruttarono le aree montuose, ponendo gli insediamenti sopra il limite del bosco.
La rarefazione o l'estinzione dei grandi mammiferi, quali il mammuth, il rinoceronte o l'orso delle caverne, fu compensata dall'aumento della piccola selvaggina. I gruppi umani di questo periodo si dedicarono quindi alla caccia di animali di piccola taglia, come il castoro, il tasso, la lince, il gatto selvatico, che precedentemente erano meno ricercati. Un'altra fonte di cibo, particolarmente disponibile presso le aree umide ed acquitrinose, era rappresentata da uccelli, uova, tartarughe. Inoltre, in molti insediamenti mesolitici di aree vicine al mare ed ai laghi, abbiamo le prime testimonianze di una consistente e ripetuta attività di pesca ed anche della raccolta di molluschi, documentata dal rinvenimento di accumuli di gusci vuoti, i cosiddetti "chiocciolai".
Con l'aumentare delle risorse disponibili e quindi con la possibilità di un'ampia scelta di aree favorevoli all'insediamento, le comunità umane passarono gradualmente da un nomadismo continuo, al seguito delle migrazioni della selvaggina, ad un "seminomadismo" fatto di spostamenti limitati ad aree sempre meno ampie.

Details:

Sono assai rare in tutto il mondo le testimonianze di strutture abitative mesolitiche. Le più eccezionali scoperte archeologiche sono state fatte in Medio Oriente dove le comunità umane che già raccoglievano i cereali selvatici, abitarono in grotte o costruirono abitati formati da capanne circolari provviste di basamenti di pietra e coperte con materiali vegetali. In Europa conosciamo soltanto poche testimonianze di strutture abitative costituite essenzialmente da "buche di palo" (ovvero dalle impronte lasciate nel terreno dalle strutture in legno che sorreggevano le pareti ed il tetto) e da concentrazioni di carboni, resti degli antichi focolari.
Gli insediamenti furono realizzati prevalentemente all'aperto, o in ripari sottoroccia, con una chiara predilezione per gli ambienti umidi: in riva ai laghi, lungo i corsi dei fiumi o vicino al mare. In Toscana nord-occidentale sono più numerosi rispetto a quelli del Paleolitico superiore finale e si concentrano nell'Alta valle del Serchio e sull'Appennino tosco-emiliano. Si nota però una diminuzione degli insediamenti nelle zone di pianura e bassa collina ed un forte aumento nelle aree montane anche a quote elevate (1500-1800 s.l.m.). I piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori posero i loro accampamenti sui bordi dei laghetti di alta quota, costruendo pochi "campi base" ma frequentando in modo diffuso il territorio, con bivacchi di breve durata. Mentre nella fase più antica del Mesolitico i "campi base" furono posti a quote medio-basse intorno ai 400-500 metri (Isola Santa, Riparo Fredian e Piazzana), con l'eccezione del sito di Bagioletto Alto, successivamente questi si spostarono tutti a quote elevate (Le Coste, Passo della Comunella e Lama Lite), poiché furono usati come accampamenti stagionali, frequentati esclusivamente durante l'estate. E' assai probabile che numerosi insediamenti fossero posti anche nelle aree costiere e lacustri, ma non si sono ritrovati perchè cancellati dalla risalita del livello del mare. Infatti strumenti mesolitici sono stati rinvenuti all'interno dei sedimenti sommersi del Lago di Massaciuccoli. Nella zona interna della Toscana settentrionale è comunque documentato che vennero frequentate anche le aree di pianura lungo i corsi d'acqua e quelle di bassa collina, come testimoniano i ritrovamenti di Sammartina nel Valdarno fiorentino, di Casa Gentile nell'area di Pistoia e gli insediamenti del livornese, da Calafuria sulla costa alle colline dell'interno. (testo di ALESSANDRA BERTON, MARZIA BONATO, STEFANIA CAMPETTI, LAURA PERRINI)

Nella Toscana nord-occidentale, durante il Mesolitico, le popolazioni continuarono a basare la loro economia su attività di caccia e di raccolta. In Garfagnana, come testimoniano i resti ossei negli insediamenti del Riparo Fredian e del Riparo Piastricoli, alla caccia quasi esclusiva dello stambecco durante la fase finale del Paleolitico superiore, si sostituì la caccia al cervo, che divenne la principale fonte di alimentazione. Si praticò anche la caccia a piccoli mammiferi come lepri, conigli, castori e si intensificò la raccolta delle abbondanti risorse vegetali costituite da bacche e frutti spontanei. In particolare alle quote medio-basse della Garfagnana è ben testimoniata la raccolta delle nocciole, data l'abbondanza dei resti di gusci carbonizzati rinvenuti.
Nel Mesolitico l'industria litica è costituita da strumenti in selce, di dimensioni ancora più ridotte rispetto a quelli prodotti nella fase finale del Paleolitico superiore, addirittura della misura di pochi millimetri e per lo più di forma geometrica, come "trapezi", "triangoli" e "semilune". Questi piccolissimi strumenti, montati lateralmente su aste lignee, formavano le "armature" (ovvero le parti taglienti) di frecce ed arpioni a più denti che servirono per la caccia e la pesca. Risale proprio al Mesolitico anche l'invenzione dell'arco, che sostituì il propulsore come strumento per il lancio delle frecce durante la caccia.
In Toscana i ritrovamenti di industrie litiche mesolitiche sono abbastanza numerosi: gli stanziamenti di Isola Santa e del Riparo Fredian in Garfagnana sono tra i più importanti per lo studio della preistoria poiché documentano una continuità di occupazione della stessa area dal Paleolitico finale a tutto il Mesolitico. In montagna, a campi base stagionali nei quali si svolgevano tutte le attività principali del gruppo, si alternavano accampamenti di più breve utilizzo per le attività specializzate, come l'avvistamento di branchi di animali da catturare o l'approvvigionamento delle materie prime. I dati archeologici documentano che tra gli insediamenti a bassa quota e quelli a quota più alta si rileva una diversità nell'industria litica: le "armature" si ritrovano infatti con più abbondanza nei siti di alta quota destinati probabilmente ad un'attività specializzata di caccia, mentre gli strumenti di uso quotidiano, come i grattatoi ed i raschiatoi, sono stati più frequentemente prodotti nei siti a quota intermedia o di pianura. (testo di ALESSANDRA BERTON, MARZIA BONATO, STEFANIA CAMPETTI, LAURA PERRINI)

In Toscana, molti dati importanti sono stati ottenuti dagli studi compiuti in occasione di diversi sondaggi geologici negli strati profondi della fascia costiera. Infatti, sia lo studio dei pollini fossili che quello degli organismi marini e terrestri tipici dei diversi periodi, adattati a oscillazioni calde o fredde della temperatura, hanno permesso di ricostruire in modo abbastanza preciso il clima ed i diversi aspetti geografici del territorio. Il lento miglioramento climatico che già a partire da 18.000 anni aveva causato il progressivo innalzamento del mare, intorno ai 12.000 anni da oggi determinò nuovamente la separazione delle isole dell'arcipelago dalla costa toscana. Lo stabilirsi della linea di costa sui livelli attuali è stato rilevato dai geologi verso i 6000 anni fa. Inoltre, in seguito all'accumulo dei sedimenti fluviali alla foce dei fiumi Magra, Serchio ed Arno, si definì a poco a poco l'attuale morfologia della costa e dell'entroterra. Tra Bocca di Magra e Livorno si formò un lungo lido sabbioso mentre, più all'interno, una serie di dune parallele alla costa si intercalò con aree lacustri, più o meno estese, un residuo delle quali è rappresentato oggi dal Lago di Massaciuccoli e, più a nord, dall'antico Lago di Porta, in gran parte interrato.
Nell'entroterra, a partire da 14.000 anni fa, l'ambiente vegetale era costituito da praterie montane estese e da boschi radi di pini, abeti e latifoglie, tra cui querce e nocciolo alle quote più basse. Successivamente, tra 10.000 e 9.000 anni da oggi, con l'aumento della temperatura, nelle zone più elevate dove la vegetazione era costituita da cespugli di ginepri e mirtillo si diffuse gradualmente il bosco con pino silvestre. Da 9.000 a 8.000 anni fa il clima fu sempre più temperato con inverni miti ed estati piuttosto calde. In montagna, a partire da circa 8.000 anni da oggi, nelle conche glaciali rimasero laghetti sulle cui rive sostarono a lungo i gruppi mesolitici che frequentavano anche i crinali ed i valichi appenninici. Ad alta quota si svilupparono boschi radi di laburno, acero e frassino, mentre a mezza costa sugli Appennini e sulle Apuane si diffuse il bosco misto di conifere e di latifoglie (pino marittimo, querce etc.). A questo paesaggio vegetale non erano estranei gli abeti bianchi e rossi. (testo di ALESSANDRA BERTON, MARZIA BONATO, STEFANIA CAMPETTI, LAURA PERRINI)