 
                                Nel 177 a.C., a conclusione di una delle fasi più aspre della guerra di Roma contro i Liguri Apuani, duemila cittadini romani parteciparono alla deduzione della colonia di Luna, sotto il patrocinio dei triumviri P. Elio, M. Emilio Lepido e Cn. Sicinio. La città fu costruita sulla riva sinistra della Magra, presso l'accesso all'ampio porto naturale (oggi scomparso) formato dalla foce del fiume. Proprio questo porto, come ricorda il geografo Strabone, era già noto ai Greci, che l'avevano indicato col nome di Selene; la divinità greca fu identificata dai Romani con Luna-Diana e da essa la colonia stessa prese il nome.
I coloni furono ascritti alla tribù Galeria e a ciascuno furono assegnati 13 ettari di terra. La città ebbe organi politici e amministrativi simili a quelli di Roma, con a capo i duoviri iure dicundo, supremi magistrati dell'ordinamento coloniale.
Se inizialmente il ruolo di Luni fu essenzialmente strategico e funzionale al controllo del porto, le risorse economiche del territorio trovarono ben presto in esso un ottimo accesso alla rete mercantile marittima.
La fortuna della città è certamente dovuta allo sfruttamento intensivo dei bacini marmiferi delle Alpi Apuane, già noti in precedenza e ben presto divenuti di proprietà dell'imperatore: dal portus Lunae le grandi navi lapidarie trasportavano a Ostia e in altri scali mediterranei i blocchi di marmi bianchi e venati di azzurro. Ma Luni era rinomata anche per prodotti di alta qualità, quali il vino ricordato da Plinio ed il formaggio, particolarmente adatto ai bambini, come ci informa Marziale.
Per tutta l'età imperiale Luni godette di una prosperità ininterrotta, testimoniata da importanti ristrutturazioni di edifici civili e religiosi.
Alla fine del IV sec. d.C., un violento sisma provocò il collasso della città antica. Il centro, riorganizzato intorno al nuovo nucleo religioso costituito dalla basilica cristiana, continuò a sopravvivere con alterne vicende sotto la guida politica e religiosa dei suoi vescovi, fino all'inizio del XIII secolo. Le incursioni saracene e l'imperversare della malaria, conseguente al progressivo impaludamento del porto, determinarono il trasferimento della sede episcopale nel vicino centro di Sarzana e il definitivo abbandono della città.
Details:
In diversi settori della città sono state individuate alcune abitazioni di età imperiale, di grandi dimensioni e dotate di raffinati apparati decorativi. Meno note sono le abitazioni di età repubblicana, demolite per far posto a nuovi edifici o interamente ristrutturate in età giulio-claudia.
La "domus degli affreschi" presso l'area forense, la "casa dei mosaici" a nord del capitolium, la domus presso la porta settentrionale, la "domus di Oceano", individuata sotto le strutture della basilica cristiana, sono tutte caratterizzate da pavimentazioni in marmi lunensi e di importazione, mosaici, pareti affrescate con i motivi decorativi caratteristici di Roma e delle aree residenziali vesuviane della prima età imperiale.
L'esempio meglio noto nello sviluppo planimetrico è la "domus degli affreschi", che occupava un'area di circa 1300 mq. Una serie di sale e triclini si articolavano intorno ad un hortus e a due giardini, l'uno movimentato da quattro aiuole circondate da canaletti in marmo bianco e da nove fontane; l'altro dotato di un ninfeo e forse sede del larario.
Tutte le abitazioni individuate mostrano segni di abbandono nel corso del IV sec. d.C., analogamente a quanto avviene agli edifici pubblici e religiosi.
La "domus dei mosaici" presenta una nuova fase di sviluppo nel V sec. d.C., quando accolse un grande mosaico con la rappresentazione del Circo Massimo di Roma e fu ampliata con la costruzione di un quartiere termale.
La "domus di Oceano" subì una completa ristrutturazione tra IV e V sec. d.C., che la trasformò in una domus ecclesiae, normale edificio abitativo adattato per le pratiche e le celebrazioni liturgiche degli adepti della nuova fede. Nella seconda metà del V sec. d.C., sugli ambienti più significativi della domus s'impiantò la prima basilica cristiana.
Il circuito delle mura racchiude un'area rettangolare di circa 24 ha, suddivisa in isolati rettangolari da strade che s'incrociano ortogonalmente. I due assi viari principali sono costituiti dal cardo maximus e dal decumanus maximus, in corrispondenza dei quali si aprivano le porte urbiche. In particolare il decumanus maximus corrispondeva al tratto urbano della via Aurelia nova – Aemilia, proveniente da Roma lungo la costa tirrenica. All'incrocio delle due strade principali si sviluppava il foro, la piazza su cui si affacciavano i principali edifici religiosi e civili della città: a nord il capitolium, tempio dedicato a Giove, Giunone e Minerva, e la basilica; sul lato sud, la curia e forse il tabularium. Con statue onorarie, portici e botteghe, il foro costituiva il fulcro della vita civile e religiosa della colonia.
Presso la porta settentrionale, subito dopo la fondazione, fu eretto un santuario dedicato al culto della dea Luna, più volte ristrutturato, a testimonianza della sua importanza nella vita religiosa cittadina. Nell'angolo nord-est della città, probabilmente all'inizio del I sec. d.C., fu costruito il teatro, dotato di quattro ingressi radiali, gradinate lignee e copertura stabile. Nell'immediato suburbio, poco oltre la porta orientale, fu invece innalzato, forse nel II sec. d.C., l'anfiteatro, per cui è stata calcolata una capienza di ca. 7000 posti a sedere e che doveva richiamare spettatori da tutto il territorio.
Lungo la via Aurelia nova – Aemilia all'uscita dalla città, si disponevano le aree cimiteriali, con monumenti funerari anche di un certo pregio.
L'ampio bacino lagunare fu frequentato fin da epoche precedenti alla colonizzazione romana. Il promontorio del Caprione e un cordolo di dune sabbiose proteggevano infatti la baia dai venti di libeccio e da violente mareggiate, offrendo un approdo sicuro.
Recenti rinvenimenti di buccheri in località Fiumaretta testimoniano come lo scalo fosse frequentato da mercanti etruschi almeno a partire dal VI sec. a.C., rientrando nella rete commerciale degli empori di cui fanno parte S. Rocchino in Versilia e altri centri lungo la costa ligure (Lerici, Chiavari, Rapallo, Genova).
L'approdo svolgeva inoltre un ruolo importante nella diffusione delle merci e della cultura etrusca anche verso l'entroterra, come dimostrano le ceramiche rinvenute a Monte Dragnone (Zignago-La Spezia) e presso la pieve di Codiponte in Lunigiana (Massa Carrara).
Dalla fine del IV sec. a.C., l'area appare stabilmente occupata da popolazioni liguri. La coesistenza di molteplici aspetti culturali e commerciali è ben documentata dalla necropoli ligure di Ameglia, sulla riva destra della Magra (La Spezia), utilizzata dalla fine del IV sec. a.C. fino alla piena romanizzazione. I corredi testimoniano l'alta ricettività nei confronti del vasellame di pregio, di produzione etrusca e romano-laziale.
Forse già dalla seconda metà del III sec. a.C., alle relazioni commerciali con Roma si sostituirono le operazioni militari. Così dal portus Lunae nel 195 a.C. partirono alla conquista della Spagna le truppe del console M. P. Catone, come ricorda il poeta Ennio. Il controllo del porto, di rilevante importanza strategica, condusse Roma allo scontro diretto con le popolazioni liguri e alla fondazione della colonia.





